27 gennaio 2012

Riflessioni di una italo-palestinese sul giorno della memoria.

Ed eccoci qua, come ogni anno. 27 gennaio: giornata della memoria.

Ecco, stamattina riflettevo e mi sono immaginata di essere a Gaza, pensavo ai miei suoceri, alle mie cognate e ai miei cognati, nonché a tutta la popolazione palestinese. E mi sono chiesta come reagirebbero se dicessi loro: fermatevi un attimo, fate un minuto di silenzio per le vittime della shoah.

Come potrebbero farlo quando quelle stesse vittime si sono trasformate in carnefici? Come potrebbero quando basterebbe loro guardare la loro casa e trovarvi i segni dei bombardamenti di “piombo fuso”? Quando basta andare a farsi un giro per Gaza e vedere case e zone completamente distrutte. Quando basta sdraiarsi la sera per andare a dormire e sentire il silenzio spaccato dai “zannana”, dicui parlava anche Vittorio Arrigoni, che sorvolano i cieli della città incutendo terrore al solo loro passare.

E ripenso ai bimbi che ho visto lì. Ripenso ai loro visi innocenti. Ripenso a quei due piccoli che rimarranno per sempre impressi nella mia memoria che usciti da scuola, zainetti azzurri dell’ unicef in spalla, si tenevano per mano. Ripenso a questi angioletti che hanno perso padri, madri, fratelli e sorelle. Ripenso che in ogni famiglia palestinese ci sono dei martiri.

Ripenso a “piombo fuso”. Ricordo ancora che quel 27 dicembre 2008 ero al convegno del GMI. Mi chiamò mio padre e tutto agitato mi disse “Stanno bombardando Gaza, chiama subito Awad”. Chiamai Awad, mio marito, e lo avvisai. Non riusciva a mettersi in contatto con la sua famiglia, probabilmente avevano tagliato le linee telefoniche. Furono giorni di panico. Non so se qualcuno può immaginare cosa significa avere la propria famiglia chiusa a Gaza, non potersi mettere in contatto con essa e non sapere cosa stia succedendo, non sapere se arriveranno vivi a fine giornata.

Il 31 mattina, verso le 7 ricevemmo una chiamata. Ricordo che ci svegliammo di colpo, in quelle situazioni si pensa sempre il peggio. Invece fu una bella notizia: il nipotino di mio marito era nato. Sotto le bombe, ma era nato e stava bene, grazie a Dio. Alhamdulillah.

Ritornando al giorno della memoria, si chiama così, della memoria, perché dovrebbe servire a ricordare, in modo che queste cose non accadano più. Ma ciò che fa male, è che queste stesse vittime si sono trasformate in carnefici, ed è questo che non riesco ad accettare. Al di là di ciò che è successo, che so benissimo che è stata una cosa orribile.
Forse i primi a dover riflettere dovrebbero essere proprio gli israeliani. Come potete fare le cose orribili che fate, dopo tutte le vittime che ci sono state tra gli ebrei? Come?

Come disse Primo Levi: "Ognuno è ebreo di qualcuno. Oggi i palestinesi sono gli ebrei di Israele."

Dovremmo fare che ciò che all’epoca della shoah molti non fecero: avere il coraggio di condannare e dire no, come vorrebbero quei morti nei lager. Avere il coraggio di condannare e dire no a tutte le ingiustizie, le carneficine, le violazioni di diritti umani che avvengono al giorno d’oggi.
Quindi anche per rispetto di questi morti, dobbiamo condannare le brutalità che avvengono. Facciamo sentire le nostri voci, facciamo capire che siamo consapevoli dello scempio che sta avvenendo in Palestina da quasi 64 anni, dei massacri da parte del dittatore assad in Siria nei quali sono morte circa 7000 persone e di tutto lo “schifio” che c’è al mondo.

Karima

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